Il diario di bordo di “Bulbo Matto”…
…in linea diretta con Fulvio Croce.
E dopo il paradiso, paghiamo il conto.. Lungo la linea dei vulcani
Saba è una specie di Stromboli dei Caraibi, uno scoglio sub-verticale ex vulcano senza baie nè spiagge nè ancoraggi ma fondali, dicono, da sballo, il primo sulla rotta dei vulcani che dobbiamo seguire. Almeno hanno messo delle boe per le barche in transito, ne abbiamo acchiappata una, cibo doccia e sonno, e anche se fuori ci sono state raffiche tutta la notte sui 30-35 nodi, almeno la risacca era diciamo "morbida" senza troppi strattoni. Altro che tropici! Rocce nere, vegetazione aggrappata su pendenze impossibili, mare blu a "palombelle", onde che si frangono continuamente sugli scogli, un nuvolone nero fisso sulla cima, poche case sparse e neanche un’anima viva intorno.. Panorami nordici, sembra la Scozia! Il villaggio, piccolissimo, è in quota, ci si sale da una scalinata o, da pochi anni, per una stradina ripida più di una rampa di garage. Scendere a terra col tender non se ne parla, troppa onda e rocce dappertutto. Ci spostiamo davanti l’unico scalo dell’isola, niente villaggio, solo strutture tecniche, genratore, ecc, ma qui il vento è lo stesso e l’onda anche più forte, le boe sono troppo lontane e nessuno ci viene a prendere. Dopo un pò di esitazione rinunciamo a malincuore a visitare questa isola che più isolata non ce n’è e anche alle immersioni che pure avrei voluto fare, e decidiamo dopo pranzo di continuare. Saba non ci vuole, dovremo tornare un’altra volta..
A 15 miglia da Saba c’è St. Eustatia o Statia, com’è meglio denominata nella zona, che ci offre più riparo e una notte tranquilla a noi stanchi navigatori. Altro ex vulcano, ma meno aspro e selvaggio, con le tipiche pendici a cono di un verde lussureggiante, ed un cratere che dicono bellissimo, come fatto col compasso, tutto foresta pluviale. Ci sarebbe poi un forte restaurato ed una cittadina da visitare, ma il tempo è ancora perturbato, grigio, piove e vento a raffiche e le miglia da fare troppe. Dovremo tornare un’altra volta anche qui.
Per fortuna ancora poche miglia fino all’isola dopo, St. Kitts (St. Christopher), altro vulcano spento, ma con parecchie baie ridossate che promettono bagni stupendi, se il tempo fosse invitante.. Ma non lo è, la navigazione è sempre di bolina, raffiche e scrosci di pioggia, arriviamo all’ancoraggio attraverso (letteralmente) un muro nero d’acqua, una cascata spaventevole che per fortuna dura pochi minuti, come di consueto. Poi però la notte passa tranquilla, di tutto riposo.
L’indomani il vento ha girato fortunatamente a N-E, cioè ci viene al traverso e non più di bolina nella nostra rotta verso S-E e la cosa ovviamente rende la nostra seconda metà di navigazione sulla rotta dei vulcani molto più veloce e confortevole e meno bagnata. Partiamo presto, col programma di fare almeno metà delle miglia restanti (75), e fermarci a Monserrat, 5° e ultimo vulcano della nostra rotta dalle BVI a Guadalupa e l’unico attivo, o di arrivare in giornata a Deshaies, primo approdo utile a nord dell’isola francese, se le condizioni lo consentiranno.
Immadiatamente fuori dall’ancoraggio notturno, a sole 2 miglia da St. Kitts, ci appare Nevis, altro vulcano di sagoma tradizionale, stupendo, forestato quasi fin sulla cima, anch’esso con un villaggio sulla costa O, la più ridossate. Lo guardiamo scorrere alla nostra sinistra, senza poterci fermare neanche qui, ma ripromettendoci di tornare. Ogni isola infatti vorrebbe una sosta di almeno 4 notti: si arriva tipicamente il pomeriggio prima del tramonto, si visitano le baie più belle e l’interno in 2 giorni minimo, si riparte la mattina del quarto giorno per la metà successiva. Di meno avrebbe il sapore delle crociere di massa, quegli insulsi villaggi turistici galleggianti (abusi edilizi veri e propri) che fermano poche ore nei vari "shopping centers" appositamente predisposti, e ripartono senza svelare assolutamente nulla del posto, della coltura del sapore dello spirito del luogo.
A 30 miglia da Nevis, Montserrat, devastata e quasi abbandonata dopo una terribile eruzione nel 1995. La passiamo ancora una volta sottovento, intimoriti dall’odore di zolfo e dalle colate che vediamo avere distrutto buona parte della capitale e delle pendici dell’isola. Anche qui sarebbe interessante scendere a Nord, nell’unico scalo praticabile e fare qualche escursione vulcanologica..
Ma il buon vento al traverso e la necessità di arrivare a Guadalupa il 24 per il cambio equipaggio ci spingono oltre. Altre 35 miglia e arriviamo a Deshaies, stanchi per le 75 miglia in meno di 10 ore, ma felici di trovare una baia nota, accogliente tranquilla dove riposare. Ma il fascino della rotta dei vulcani ci richiamerà sicuramente nuovamente in questi mari, con più tempo a disposizione.
…Bulbo Matto…